Creare un sito web accessibile con un’attenzione all’investimento: è possibile
Quando ho deciso di mettere mano al mio sito web, in piena energia da rebranding di me stessa (minuscola freelance), sapevo che la strada possibile era solo una: quella dell’accessibilità. Con i valori in cui credo, davvero non c’erano alternative. Volevo che il mio sito potesse essere visitato e fruito dal maggior numero di persone possibili, a prescindere dalle loro caratteristiche identitarie (età, grado di istruzione, prima lingua, disabilità…), ma anche dal dispositivo scelto e dalle modalità di lettura dei testi.
Non sapevo però bene da che parte iniziare, e mi spaventavano molto i costi. “Sono una libera professionista, non lavoro da un anno, non ho molti soldi da investire”, pensavo. Dovevo avere un sito accessibile. Certo, tutta la parte di accessibilità testuale l’avrei studiata, progettata e realizzata io. Ma tutto il resto?
Ho contattato Elisa Santambrogio di Waooh Studio, graphic designer e webmistress* che aveva collaborato per l’associazione che ho fondato un paio di anni fa, Sfantà, con una generosità, una precisione e una puntualità incredibili. E le ho chiesto: “Che cosa ne sai di accessibilità web?”. “Poco”, mi ha risposto, “ma posso studiare e imparare”. Ecco: questo è l’atteggiamento che cerco nelle persone con cui lavoro. Quindi abbiamo iniziato a collaborare, ed è stato un bellissimo viaggio, in cui abbiamo imparato moltissimo, insieme. E a un certo punto, in questo viaggio si è inserita anche l’associazione Caratteri Cubitali, a cui ho affidato la verifica dell’accessibilità finale del sito.
Ho pensato di far raccontare a Elisa e a Giada di Caratteri Cubitali il percorso che abbiamo fatto, perché sì: avere un sito accessibile è possibile anche se si è piccoli brand o freelance. L’importante è avere le idee chiare sugli obiettivi etici e sul valore di avere un sito accessibile. In questo modo, sarà più facile accettare l’idea che si dovranno trovare e accettare dei compromessi. Ma ne vale la pena.
* Qual è il femminile di “webmaster”? “Webmistress”, ovvio. Per la grammatica italiana non ci sarebbe bisogno di declinare, ma a me piace usare il femminile per definire Elisa.
Cosa significa accessibilità web?
Elisa: Accessibilità web significa permettere a più persone possibili di navigare e usare un sito web o un’applicazione per come queste sono state concepite.
Un sito o un’applicazione può essere considerata accessibile se tutti i suoi contenuti e le sue funzionalità sono fruibili a “tutte” le persone che la utilizzano, navigano, consultano; anche mediante tecnologie assistive o configurazioni particolari dei loro dispositivi.
Purtroppo “tutte” è un’utopia quindi diciamo “al maggior numero” di persone.
Giada: Citando la definizione data dalla Legge 4/2004 (nota come Legge Stanca, dal nome del ministro proponente), l’accessibilità web è la capacità dei sistemi informatici di erogare servizi e fornire informazioni fruibili senza discriminazioni: così un utente, a prescindere dal contesto d’uso, dalle sue dotazioni tecnologiche o da un’eventuale disabilità, potrà accedere a un sito o a una app senza difficoltà e in autonomia.
Questo significa sviluppare e strutturare le pagine web o le app mobili in modo che siano percepibili, usabili, chiare e robuste.
È un concetto saldamente connesso alla navigazione da parte di utenti con disabilità, che utilizzano tecnologie assistive, ma che ha una portata molto più ampia e benefici per chiunque, in termini di efficienza ed efficacia.
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Cosa bisogna considerare quando si sceglie di realizzare un sito accessibile?
Giada: Pensare fin da subito all’accessibilità, renderla parte integrante della progettazione e dello sviluppo, comprendere le implicazioni negative dell’escludere anche un solo utente: ne risentiranno la qualità del sito, la propria credibilità, professionalità, reputazione, affidabilità, l’indicizzazione e il posizionamento sui motori di ricerca. Inoltre, si dovranno affrontare oneri molto maggiori per intervenire a posteriori sulla struttura di un sito non conforme.
La definizione iniziale degli scenari di utilizzo dovrà coinvolgere persone con esigenze diverse (con disabilità sensoriali, fisiche, cognitive, ma anche con connessioni lente o dispositivi obsoleti), che dovranno svolgere test sulle pagine alla ricerca di barriere nell’architettura digitale. Raccogliere e analizzare questi feedback è importantissimo per tutto il “ciclo vitale” del sito, poiché l’accessibilità è una strategia, e in quanto tale è sempre migliorabile: non dimentichiamo di inserire un canale di comunicazione per ricevere dagli utenti segnalazioni su malfunzionamenti o criticità (e di rispondere, con interventi rapidi e mirati!).
Elisa: Affidarsi a persone che sappiano di cosa si tratta o che abbiano voglia di impararlo, come ho fatto io. A parte questo, non ci sono sostanziali differenze tra la progettazione di un sito web accessibile e quella di un sito che non lo è.
Si utilizza la stessa identica tecnologia, per esempio un CMS come WordPress o Joomla (per citare quelli più conosciuti); si scelgono i colori e i font, le immagini e in alcuni casi i video, si inseriscono i link interni ed esterni e così via…
La differenza sta appunto nel conoscere cosa rende o meno un testo, un’immagine, un abbinamento di colori e un link accessibili e cosa no.
Oltre a questo è utile far testare il proprio sito o applicazione in fase di realizzazione a persone che utilizzano tecnologie assistive, come hai fatto per il tuo sito contattando l’associazione Caratteri Cubitali. In questo modo è possibile correggere, rivedere o migliorare in corso d’opera il proprio sito o la propria applicazione web.
Ci sono normative, regole, indicazioni di riferimento?
Elisa: Esistono delle linee guida standard, le WCAG (Web Content Accessibility Guidelines), sviluppate nel corso degli anni dall’organizzazione non governativa internazionale W3C. Sono a disposizione di tutte le persone che sono interessate ad approfondire l’argomento. Sono delle raccomandazioni a cui si rifanno leggi, direttive e normative a livello nazionale, europeo e internazionale.
Nel 2019 l’Unione Europea ha approvato una direttiva EAA (European Accessibility Act) per richiedere l’accessibilità dei servizi e dei prodotti digitali.
Gli Stati Uniti, che per certi aspetti sono avanti anni luce, già nel 2010 avevano emanato l’ADA, Americans with Disabilities Act. La legge afferma che tutti gli strumenti informatici, siti web inclusi, devono essere accessibili alle persone con disabilità.
Giada: Partendo dai principi, la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (2006) parla chiarissimo: non esiste piena partecipazione alla società senza accessibilità. La prima legge sull’accessibilità web (Section 508) è stata introdotta nel 1998 dagli Stati Uniti: riguardava i prodotti tecnologici utilizzati dal governo federale, ma – proprio come la L. 4/2004 menzionata poco fa, che aveva come target i siti internet della Pubblica Amministrazione italiana – ha influenzato l’intero settore ICT.
L’UE ha uniformato la disciplina con due importanti direttive (2016/2102 e 2019/882 o European Accessibility Act). Negli anni si sono moltiplicati obblighi, scadenze e sanzioni amministrative che possono arrivare al 5% del fatturato delle aziende inadempienti: i procedimenti di monitoraggio e verifica, in Italia, sono affidati ad AgID.
Oggi chi si occupa di sviluppo o progettazione web può contare su un ampio bagaglio di leggi, normative nazionali e internazionali, linee guida, standard, framework, specifiche e raccomandazioni tecniche, strumenti formativi e materiale divulgativo.
Manca solo una legge sulla consapevolezza!
Come funziona una verifica dell’accessibilità di un sito web?
Giada: Dopo aver costituito un team di persone valutatrici (con disabilità, difficoltà di lettura o esigenze specifiche nella navigazione), si procede all’assegnazione individuale di compiti (task) che riguardano una ventina di categorie (HTML, CSS e fogli di stile, immagini, grafici, colori, tabelle, testo, modalità di input, presenza di moduli, link, aiuti alla navigazione, sovraccarico cognitivo, eccetera).
A ogni criterio di successo si assegna un giudizio di conformità, basato sulle linee guida WCAG:
- A (requisiti minimi, le principali barriere sono rimosse)
- AA (si garantisce un’attenzione anche verso elementi più di dettaglio)
- AAA (se il livello è ottimale).
I test da fare sono molti (l’Università di Padova ha elaborato un documento molto utile, WCAG4All, che ne individua 150) e solo alcuni possono essere svolti in modo automatico o semiautomatico tramite strumenti gratuiti o a pagamento chiamati “accessibility checker”.
Dopo le verifiche manuali, si produce un primo documento di riepilogo che verrà consegnato agli sviluppatori, ma sarà necessario ripetere le verifiche periodicamente o dopo ogni modifica sostanziale del sito/software/app e mantenere aperto il dialogo sulle criticità riscontrate.
Se il sito è molto corposo o complesso, ci limitiamo ad analizzare un campione di pagine: sicuramente la home page, la mappa, i contatti e almeno una pagina per tipologia di servizio offerto, oltre ai documenti scaricabili se presenti.
Cos’è la dichiarazione di accessibilità di un sito web? Chi la deve fare?
Giada: La dichiarazione di accessibilità è uno strumento obbligatorio con cui le Pubbliche Amministrazioni e i soggetti privati con fatturato medio superiore a 500 milioni di euro negli ultimi tre anni di attività dichiarano pubblicamente lo stato di conformità dei siti o applicazioni web di cui sono titolari e l’eventuale svolgimento di test di usabilità sugli stessi.
Viene redatta tramite un modulo realizzato da AgID, sulla base del modello stabilito dalla Direttiva UE 2016/2102.
La troviamo di solito nel footer (piè di pagina) dei siti o nella sezione “informazioni generali” sugli store per applicazioni mobili. Qui devono essere specificati i contenuti, le sezioni o le funzioni non accessibili, ed esplicitato il meccanismo di feedback e i recapiti dei responsabili; contiene anche indicazioni sul numero di dipendenti con disabilità presenti nell’Amministrazione e delle postazioni di lavoro adattate.
La dichiarazione deve essere aggiornata annualmente, entro il 23 settembre. Entro il 31 marzo invece, deve essere pubblicato un altro documento relativo agli obiettivi di accessibilità per l’anno corrente.
L’invito sarebbe quello di predisporre un documento simile per ogni sito/app esistente, anche se non obbligato dalla legge, per valutare lo stato dell’arte, migliorare e monitorare i progressi nel tempo.
Spesso i siti web accessibili sono considerati… brutti. È vero? Eventualmente, come si può rimediare?
Elisa: L’idea che un sito web accessibile sia brutto è una concezione che non sta in piedi.
Ci sono siti web brutti e di difficile consultazione e siti web armoniosi e piacevoli da guardare e navigare; la differenza non è dovuta al fatto che siano o meno accessibili ma piuttosto a come e da chi sono stati progettati e realizzati.
In alcuni casi un sito “brutto” è dovuto anche dall’insistenza di chi li commissiona, che pretende modifiche senza cognizione di causa, solo per gusto personale.
Utilizzando prevalentemente WordPress posso dirti che nell’ultimo anno sono stati fatti passi enormi per andare incontro alla necessità di avere siti web accessibili e con le giuste conoscenze realizzarne uno piacevole non solo da guardare ma anche da navigare non è così difficile né complesso.
Parliamo di soldi: quanto costa sviluppare un sito web accessibile?
Elisa: Parlando di web design, il costo di un sito web dipende (oltre che alla persona o agenzia a cui ti rivolgi) dal numero delle sue pagine e dalla complessità della sua struttura, non dal fatto che sia o meno accessibile. Una volta studiato e appreso come deve essere realizzato viene del tutto naturale progettarli in quell’ottica.
Al costo della realizzazione di un sito c’è però da aggiungere la spesa per i test di accessibilità, che come detto prima reputo una parte fondamentale per la progettazione di un buon sito.
La difficoltà spesso sta nel far capire alla persona o all’azienda o ente che commissiona il progetto che avere un sito web accessibile non è solo una questione di responsabilità ma è anche conveniente.
I motori di ricerca premiano i siti progettati secondo questi criteri, ma non solo: ci sono anche obblighi di legge da rispettare.
In Italia al momento sono i siti e le app delle Pubbliche Amministrazioni o dei soggetti che offrono servizi di pubblica utilità (ad esempio le banche) che devono rispettare determinate regole sull’accessibilità. Ma dal 28 giugno 2025 questa legge verrà estesa a tutti gli operatori economici che forniscono prodotti o servizi digitali, per effetto dello European Accessibility Act (EAA), in vigore in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. Per saperne di più si può consultare il sito dell’AgID, l’Agenzia per l’Italia Digitale.
Vuoi che il tuo sito sia accessibile come il mio? Ti piacerebbe lavorare con me, Elisa e Giada? Parliamone insieme durante la consulenza Crocevia. Se il progetto parte, ti sconterò il costo di questa consulenza.